Distretti culturali europei: una nuova opportunità di sviluppo territoriale. Intervista a Giulio Maria Chiodi – già Professore Ordinario di Filosofia del Diritto e di Filosofia Politica.
D. Come è nata l’idea dei distretti culturali europei?
R. L’idea è nata a Napoli, alcuni anni fa, dopo una visita al complesso archeologico di Elea-Velia e di Paestum, in Cilento, basandosi su un modello di integrazione tra l’eredità della cultura classica, e il contesto territoriale e socio-ambientale. Il grande patrimonio storico non va lasciato soltanto alla curiosità del turista, spesso distratto, che vi raccoglie immagini con un effimero valore estetico e poi se ne va, o al solo interesse specialistico dello studioso. Occorre far sì che si sviluppi consapevolezza della presenza di queste realtà attraverso adeguate misure di interazione con le altre entità territoriali, economiche e ambientali e con le iniziative che possono sorgere dalla loro cooperazione.
Occorre potenziare una realtà territoriale e sociale presa nel suo complesso, facendola realtà socializzante, dialogante nella continuità culturale, capace di elevare il tono civile e di aprirsi all’esterno in maniera coerente e qualificata. Esistono già, per esempio, diversi siti naturali o monumentali o attività produttive, e valori territoriali riconosciuti dall’Unesco o da altre istituzioni pubbliche; sono tutte espressioni di fattori e qualità potenzialmente unificanti, che trascendono i rispettivi ambiti. La mia percezione del distretto culturale consiste proprio nel mettere a sistema dette diversità in un processo di complementarità, reciprocità sinergetiche, in maniera da costituire, nel loro complesso unitario, una realtà sociale in crescita e in possesso di propri e fondati valori. Il nostro comitato pensa a distretti con riconoscimento europeo, laddove si ravvisano delle caratteristiche altamente significative per il loro apporto alla multiforme cultura tipica dell’Europa. Nella prospettiva qui brevemente delineata, il progetto si presenta innovativo rispetto alle varie iniziative che sono in corso.
D. Finora cosa è stato fatto per la costituzione di un distretto culturale così concepito?
R. Per il lancio di questo specifico distretto culturale abbiamo costituito un “Comitato per la valorizzazione della cultura classica greca e latina, come patrimonio immateriale bene dell’umanità, e per la istituzione dei distretti culturali europei”, ora presieduto dal dr. Lucio Minervini, che ha avuto i suoi “stati generali” in un Convegno internazionale ospitato dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli il 3 e 4 maggio del 2019.
L’idea è stata raccolta innanzitutto dal territorio di Gorizia, grazie alla presenza in loco dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei (ICM), un’istituzione culturale particolarmente sensibile al dialogo tra est e ovest, nord e sud, mondo latino, slavo e tedesco, che ha subito intercettato le potenzialità dell’iniziativa ed ha cominciato a mettere in atto il progetto di unificazione di interessi culturali, contribuendo tra l’altro al sostegno della candidatura di Nova Gorica a capitale europea della cultura 2025. L’iniziativa intrapresa non è di matrice politica o a finalizzazione economica, ma è puramente culturale, radicandosi profondamente nell’ambiente, potenziandone le sinergie transnazionali. Si tratta di territori che hanno subito, dopo le due guerre mondiali, delle lacerazioni disastrose, con imposizione di confini assurdi, fino alla follia di attraversare persino appartamenti di abitazione privata e tombe dei cimiteri.
L’ipotizzato distretto occuperebbe ad est una parte della Slovenia, ad ovest e a sud un tratto del Friuli Venezia Giulia, a nord la zona centromeridionale della Carinzia. Un’area tipicamente mitteleuropea, quindi. Il substrato comune è l’antica civiltà di Aquileia, di fondazione romana, da cui è partita prima la romanizzazione verso i confini del Danubio e poi la diffusione del cristianesimo nel centro ed oriente continentali. Aquileia, infatti, costituisce l’elemento culturale originario, unificante territori che per secoli hanno avuto sempre una condivisione di sorti e di vicende che soltanto le terribili guerre e gli assurdi confini che poi ne sono venuti hanno frammentato. I due elementi costitutivi fondamentali sono, dunque, la civiltà aquileiese e la caratteristica di essere unico punto territoriale in cui si incontrano il mondo italiano (e friulano), il mondo germanico e il mondo slavo.
D. È già operativo questo distretto culturale?
R. Non ancora. Il distretto è stato delineato ed è allo studio, ma non è ancora operativo.
Abbiamo poi avviato rapporti con il territorio del Sud.
Un’idea importante, centrale – lo dico tra parentesi perché non riguarda direttamente i distretti culturali, ma i distretti possono dare una forte collaborazione nel merito – è che tutta l’area mediterranea, che è la matrice della nostra cultura, della nostra civiltà, è un’area dotata di una forte complementarità proprio con l’area mitteleuropea, là dove si spegne la cosiddetta mezzaluna celtica e si incrociano quelle culture, germanica, slava, latina, greca, illirica, ugro-finnica, che, messe insieme, hanno formato l’Europa e la cultura europea. Diciamo molto di più: sono alla base di tutta la cultura occidentale.
Possiamo notare come questo asse Mitteleuropa-Mediterraneo, che congiunge nord-sud e est-ovest, comprende territori e popoli con precise identità culturali che hanno posto lo basi della civiltà europea e che ora sono alquanto ‘periferizzati’ dalle logiche dominanti nella politica internazionale.
Oggi se pensiamo a quell’asse, l’Italia, per posizione geografica oltre che storica, è un naturale ponte di collegamento tra il Mediterraneo e la Mitteleuropa.
Abbiamo avviato, poi, con la Sicilia un primo contatto per individuare un distretto culturale siciliano legato alle città di fondazione greca, le prime che costituiscono l’ossatura della Magna Grecia, che sorgerà lungo le coste continentali e punto di partenza della civiltà del territorio e non soltanto, come ben sappiamo. Da questo punto di vista si è presa in considerazione la zona di Naxos e di Siracusa.
Un altro ambito su cui lavoriamo è proprio legato alla Campania. Immagino la ricaduta della valorizzazione in chiave sociale dell’immenso patrimonio storico e culturale presente sul territorio proprio per poter riflettere sulla possibilità di costruire una realtà distrettuale capace di dinamizzare queste risorse e sviluppare un senso trasversale di appartenenza ad un ambiente e ad una storia. In tal caso, le ‘tappe’ del progetto sono state individuate in Velia-Paestum e Cuma.
D. Lo stadio progettuale attuale è, quindi, volto alla creazione di una catena di distretti culturali che attraversano l’Italia, quasi un ponte di comunicazione culturale che unisce la Grecia al centro Europa. Ha parlato di Cuma e della Campania, si prevedono delle azioni specifiche di intervento in questo contesto territoriale?
R. Non c’è alcun dubbio sul ruolo geostrategico dell’area italiana presa nel suo complesso. Questo, naturalmente, deve dipendere dalla risposta del territorio, perché non ha senso parlarne astrattamente a tavolino, se non c’è la diretta iniziativa degli operatori e delle istituzioni locali. Tuttavia, da un punto di vista generale, credo che il problema possa anche interessare il CNR. Si è pensato, infatti, di avviare una ricerca multidisciplinare sulle caratteristiche del distretto culturale, in particolare sui territori individuati, e il CNR è in grado di fornire una pluralità di competenze convergenti al riguardo.
Questa ricerca multidisciplinare dovrebbe affrontare l’analisi dal punto di vista economico, sociale, storico, artistico e culturale in senso ampio e avrebbe due obiettivi e due punti di riferimento: un primo aspetto riguarda i principi generali che possono valorizzare il distretto in quanto tale, l’individuazione dei parametri che lo possono qualificare, degli elementi che vanno concretamente presi in considerazione, quindi, più metodologico, e un aspetto invece più particolare e circostanziale che fa riferimento alla realtà specifica di ogni singolo distretto e noi potremmo cominciare a porre sotto questo secondo aspetto lo studio della situazione della Campania, della Sicilia e del distretto goriziano.
D. Quali enti o quali istituzioni sono stati finora coinvolti in questa iniziativa?
R. Tempo fa, abbiamo organizzato un convegno a Napoli in cui c’è stata la partecipazione significativa di diverse istituzioni con cui siamo in contatto. Attualmente abbiamo avviato nuovi contatti con Regioni, associazioni locali e università.
Oltre all’iniziativa goriziana, che è la più avanzata, le prime risposte sono arrivate dalla Sicilia – che ha coinvolto il municipio di Siracusa e di Naxos – con l’interessamento dell’assessorato ai Beni culturali e dell’Identità siciliana della Regione Sicilia e dall’ICM.
Per la proposta di ricerca sono in atto contatti con varie università, tra cui l’Università di Pavia che ha già dato la sua disponibilità tramite il suo Centro di studio di Simbolica giuridica e il prof. Giovanni Cordini che dirige il Centro di ricerca Interdipartimentale sulla Partecipazione Sociale nella Gestione del Territorio e con studiosi in diritto del territorio e dell’ambiente.
D. Come ritiene possibile una cooperazione tra un ente di ricerca e il distretto culturale al fine della promozione dell’iniziativa?
R. Credo che questa proposta di sviluppare una ricerca interdisciplinare sulla natura e le caratteristiche di un distretto culturale di rilevanza europea rientri perfettamente negli scopi di un ente dedito alla ricerca. È una ricerca con scopi profondamente innovativi e ritengo che sia per il CNR un campo in cui può intervenire in maniera decisiva, perché rientra anche nella sua funzione di favorire il monitoraggio e lo sviluppo delle complessità degli ambienti territoriali.
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