Il 31 dicembre 2020 il Tribunale di Bologna ha emesso un’ordinanza in cui ha dichiarato illegittimo, perché discriminatorio, un algoritmo utilizzato da una società di consegna a domicilio di prodotti alimentari per la gestione delle prenotazioni delle sessioni di lavoro da parte dei fattorini (c.d. rider).
La tutela dei diritti dei c.d. riders, i fattorini che effettuano le consegne a domicilio, è oggetto oramai di una interessante casistica giurisprudenziale nei tribunali di diversi Paesi europei; tra le più recenti merita di essere segnalata l’ordinanza del 31 dicembre 2020 del Tribunale di Bologna. La decisione, in effetti, è una delle prime in cui un giudice del lavoro ha sancito l’illegittimità, in quanto discriminatorio, di un algoritmo utilizzato per gestire le prenotazioni delle sessioni di lavoro da parte dei rider. Secondo il Tribunale di Bologna l’algoritmo, utilizzato dalla società Deliveroo Italia s.r.l, è “cieco” e pertanto indifferente alle esigenze dei riders, e dei diritti loro riconosciuti dall’ordinamento. Il Tribunale ha quindi accolto il ricorso presentato da diverse organizzazioni sindacali (Filcams Cgil Bologna, Nidil Cgil Bologna e Filt Cgil Bologna), condannando la società convenuta, operante nel settore della consegna del cibo a domicilio, per condotta discriminatoria.
La pronuncia è importante sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto, il Tribunale di Bologna ha confermato quell’orientamento giurisprudenziale che applica il rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 1663 del 24 gennaio 2020). Infatti, anche in relazione ai riders l’organizzazione del lavoro, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione rendono l’attività del collaboratore equiparabile a quella di un lavoratore dipendente, con l’integrale applicazione e l’equivalente protezione della disciplina del lavoro subordinato.
In secondo luogo, e passando ad esaminare il merito del caso in esame, il giudice del lavoro ha accertato il carattere discriminatorio del funzionamento dell’algoritmo, utilizzato dalla società per stabilire le modalità di accesso alla prenotazione delle sessioni di lavoro, tramite la piattaforma digitale. L’algoritmo, infatti, penalizzava, senza operare alcuna distinzione, tutte le forme di astensione dal lavoro (incluse quelle derivanti dall’esercizio dei diritti sindacali, ad esempio quello di sciopero), determinando una diminuzione del punteggio dei riders con conseguente retrocessione nella fascia di prenotazione e quindi con minori occasioni di lavoro.
In effetti, una volta avuto inizio il rapporto di lavoro con la società convenuta (ciò avviene normalmente con la conclusione di un contratto che deve essere sottoscritto e restituito alla società via e-mail) il rider riceve delle credenziali per accedere alla piattaforma informatica e, quindi, dopo aver inserito le credenziali, può decidere liberamente se accettare o rifiutare qualunque proposta di servizi. Per prenotarsi e ricevere le proposte, il rider ha due canali alternativi: può ‘loggarsi’ in tempo reale con il sistema denominato free log in, oppure può utilizzare un sistema di prenotazione in anticipo (self-service booking). Quest’ultimo sistema (che riguarda il caso in esame) prevede la possibilità per i riders, ogni lunedì di accedere al calendario della settimana successiva e prenotare le sessioni di lavoro (slot) in cui intendono ricevere proposte di servizi; il rider, accedendo al sistema di prenotazione, può selezionare tre diverse fasce orarie (11.00; 15.00; 17.00). Ora, l’assegnazione della fascia di lavoro non è casuale ma si basa su un algoritmo dipendente da due differenti indici: un indice di affidabilità, ed un indice di partecipazione nei picchi. Il valore dell’indice di affidabilità è determinato dal numero delle occasioni il cui il rider, pur avendo prenotato una sessione, non ha partecipato (cioè, non si è loggato entro i primi quindici minuti dall’inizio della sessione). Il valore dell’indice di partecipazione dei picchi dipende, invece, dal numero di volte in cui ci si rende disponibili per gli orari del fine settimana (dalle ore 20 alle ore 22 dal venerdì alla domenica), in cui è maggiore la richiesta di consumo di cibo a domicilio. In altri termini, i valori di questi indicatori determinano le statistiche di ogni rider: tali statistiche determinano la priorità delle prenotazioni per le diverse sessioni di lavoro. Poiché queste ultime si riducono in maniera progressiva, far parte della prima fascia offre maggiori possibilità di assegnazione nei vari slot e, quindi, origina maggiori possibilità di lavoro.
Tali modalità di servizio possono avere allora un impatto negativo sull’esercizio dei diritti sul lavoro. Ad esempio, il diritto di sciopero. Il rider che aderisce ad uno sciopero e non cancella almeno 24 ore prima del suo inizio la sessione prenotata può subire un trattamento discriminatorio, rischiando di veder peggiorare le sue statistiche ed i conseguenti vantaggi nella scelta prioritaria della sessione di lavoro e subire una limitazione della scelta dei turni. Questo perché la piattaforma non tiene conto delle motivazioni per cui il rider cancella la sua prenotazione. L’unico modo a disposizione del rider per evitare gli effetti pregiudizievoli della adesione allo sciopero sarebbe quello di cancellarsi dalla sessione prenotata in anticipo, con la conseguenza tuttavia di rinunciare all’iniziativa di astensione collettiva. Va ricordato che il diritto di sciopero, diritto garantito dalla Costituzione e dai trattati internazionali in materia di cui l’Italia è parte (v. l’art. 8 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, l’art 6 della Carta sociale europea (riveduta) e non da ultimo l’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE), è caratterizzato dalla mancanza di preavviso, anche quando ciò comporti difficoltà organizzative e necessità di sostituzione da parte del datore di lavoro, oltre che eventuali danni economici. Analoghe considerazioni valgono per le altre cause legittime di astensione dal lavoro (quali malattia, esigenze legate alle cure di figli minori) che comportano sempre le stesse conseguenze afflittive nei confronti dei riders.
È proprio l’’indifferenza’, la presunta neutralità con cui opera l’algoritmo, l’oggetto delle censure del Tribunale di Bologna. L’algoritmo infatti produce come effetto di riservare il medesimo trattamento a situazioni diverse (equiparando chi non partecipa per futili motivi alla sessione di lavoro con coloro che esercitano il proprio diritto di astensione collettiva), ed origina una discriminazione indiretta (in quanto, dando attuazione ad una disposizione apparentemente neutra, si pone una determinata categoria di persone in una posizione di potenziale svantaggio). Secondo i giudici, inoltre, una chiara volontà della società convenuta di discriminazione è desumibile anche dal fatto che le uniche ipotesi ammesse di giustificazione della mancata partecipazione alla sessione di lavoro sono rappresentate solo dai casi di sinistro (su turni consecutivi che impediscono la prosecuzione dell’attività lavorativa) oppure dai casi in cui vi sia stato un problema tecnico della piattaforma. Unicamente in queste ipotesi è previsto l’intervento correttivo sul programma che elabora le statistiche dei riders, e la conservazione del “ranking reputazionale”.
Sulla base di tale analisi i giudici del Tribunale di Bologna hanno riconosciuto la natura discriminatoria del sistema di prenotazione (che non è più in vigore in Italia dal 2 novembre 2020) e hanno ordinato la rimozione dei relativi effetti, con condanna della convenuta alla pubblicazione della sentenza sul proprio sito internet e su un quotidiano di tiratura nazionale, oltre che il risarcimento dei danni a favore dei ricorrenti. La sentenza insomma rappresenta un importante tassello relativamente alla tutela dei diritti fondamentali nell’ambito delle nuove forme di lavoro rientranti nella c.d. Gig economy.