Una ricercatrice dell’Istituto racconta il proprio modo di vivere la scelta di dedicarsi allo studio delle scienze economiche e in quale modo si è costruita le relative competenze.
La scelta di fare la ricercatrice è stata per me naturale, essendo cresciuta in una famiglia di scienziati, con il papà botanico e un fratello anatomo patologo. L’ho avuta chiara fin da bambina. Quello che era meno evidente, l’ambito in cui sviluppare la mia ricerca. Scelsi l’economia. Anche quella grazie al contagioso entusiasmo di mio padre per le sue applicazioni produttive agro-industriali. Così mi laureai discutendo una tesi in economia dell’innovazione, che mi diede accesso a una borsa di studio. E, con la piccola somma guadagnata, mi recai alle Ex-Officine Bosco di Terni. Era il 1987 e, in quel meraviglioso padiglione d’acciaieria riconvertito in spazio congressi, si teneva la II Settimana Internazionale di Storia e Studi sull’Impresa, organizzata dalla Fondazione Adriano Olivetti. Il tema del convegno – Tecnologia e Impresa in una prospettiva storica – era attinente a quello della mia tesi. Ma, soprattutto, era come se l’intera bibliografia del mio lavoro prendesse corpo nella sfilata di relatori, che ascoltai per la prima volta dal vivo. Autori che avrei seguito nello sviluppo delle rispettive ricerche e che avrebbero accompagnato il mio lavoro fino a oggi.
Il programma era entusiasmante e le singole sessioni autorevolmente coordinate da insigni studiosi, da Sidney Pollard, storico economico di fama che introdusse i lavori, a Richard Nelson e Sidney Winters, due fondatori del pensiero evolutivo applicato allo studio dell’impresa-industria. Per poi passare alle interessantissime proposte di Giovanni Dosi e di David J. Teece per lo studio dei settori emergenti o delle nuove traiettorie tecnologiche da loro consacrate. E, infine, al panel che riguardava il rapporto tra progresso tecnico e istituzioni e quindi il ruolo delle ricerche di politica industriale, con una relazione memorabile di Patrizio Bianchi sui servizi reali. Ma fu per me ispiratrice una sessione dedicata al ruolo della Ricerca e Sviluppo nelle Imprese del ventennio 1960-80, coordinata integralmente dal CNR, in particolare da Giorgio Sirilli dell’IRCRES, con una carrellata di testimonianze e casi concreti di grandi imprese italiane: Buitoni, ENI, FIAT, Montedison, Olivetti, Terni. Parteciparvi contribuì a schiudere un orizzonte professionale per me infinito. Motivato non solo dalle dinamiche di immediata attinenza col mondo reale. Ma dalla personale scoperta delle possibilità offerte da un ente di ricerca, che io fino allora avevo situato unicamente all’interno dell’Accademia, almeno dal punto di vista del processo.
Non so fino a che punto il mio itinerario successivo fu opera del caso oppure orientato dal mio desiderio di entrare a far parte del CNR. Pochi mesi dopo la laurea, fui assunta nella R&S di un’impresa del Gruppo IRI, con sede a Trieste. Il mio relatore di tesi, Alfredo Del Monte, mi invitò a partecipare, con un contratto di ricerca, ai lavori del Progetto Finalizzato CNR Struttura ed Evoluzione dell’Economia Italiana in una Unità Operativa diretta dalla Prof.ssa F. Padoa Schioppa Kostoris. Era un’occasione preziosa, che ancora una volta presentava tutto il fascino dell’analisi applicata ed era il CNR a darmene opportunità. Passai a organizzare il lavoro di gestione dei dati (una valanga!) e a mettere per iscritto la metodologia della ricerca. E, se rivolgo lo sguardo ad allora, mi rivedo perfettamente integrata in quel genere di lavoro: in giro dalla mattina alla sera, per raccogliere documentazione e dati col mio piccolo portatile!
L’ingresso nel CNR, dapprima come ricercatore a tempo determinato e poi la stabilizzazione, sono parte di una storia che va avanti ormai da molti anni. Il mio itinerario, con le esperienze anche all’estero, ha seguito diversi sentieri, curiosità e aperture a nuovi percorsi. Ma il filo conduttore, e anche lo strumento di risoluzione di nodi su vie più irte e disseminate di eventi talvolta fuorvianti, resta l’importanza di quella scelta iniziale che ancora oggi mi definisce una ricercatrice in economia, ispirata dalla necessità di ottenere una comprensione completa di ciò che accade nel mondo reale.
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