Raggiunta l’intesa in Germania sull’introduzione di un obbligo di due diligence sui diritti umani per le imprese tedesche.
Il 12 febbraio 2021 dopo circa otto mesi di negoziazioni, il Governo tedesco ha annunciato di aver raggiunto un accordo sull’adozione di una legislazione che obbligherà le imprese tedesche a rispettare i diritti umani e le norme ambientali lungo le loro catene di fornitura globali. La legge sulla due diligence nelle supply chain(Lieferkettengesetz) dovrebbe essere approvata prima delle elezioni dell’autunno 2021, per entrare in vigore all’inizio del 2023: essa sarà quindi una delle prime normative adottate in Europa a fissare l’obbligo di due diligence in materia di diritti umani e di ambiente applicabile alle catene di fornitura dopo la pioneristica legislazione francese del 2017 (la Loi relative au devoir de vigilance des sociétés mères et des entreprises donneuses d’ordre, del 27 marzo 2017).
Sebbene una bozza integrale della normativa non è ancora stata resa pubblica, la nuova legislazione introdurrà un obbligo di vigilanza in materia di diritti umani, a partire dal 1° gennaio 2023 per le aziende che impiegano in Germania più di 3.000 dipendenti e che riguarderà quindi circa 600 aziende. A partire dal 1° gennaio 2024 l’ambito di applicazione verrà esteso per includere anche le aziende con più di 1.000 dipendenti in Germania, che ammontano a circa 3.000. Insomma, a pieno regime l’istituenda normativa tedesca avrà un ambito di applicazione ratione personae molto più ampio di quello della normativa francese del 2017. Lo scopo della normativa e dell’obbligo di due diligence da essa introdotto è quello di proteggere i diritti umani contenuti nei trattati internazionali sui diritti umani (in particolare nella c.d. International Bill of Human Rights) e nelle otto Convenzioni fondamentali del lavoro adottate nell’ambito dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
La legislazione tedesca incorporerà, ovviamente, le disposizioni dei Principi Guida ONU su imprese e diritti umani nonché quelle contenute nelle Linee Guida OCSE per le imprese multinazionali rendendole in questo modo parte del diritto interno tedesco. In particolare, il contenuto dell’obbligo di due diligence sarà strettamente allineato alle disposizioni dei Principi Guida ONU e a quanto previsto nel Piano d’azione nazionale tedesco del 2016. In sintesi alle imprese sarà richiesto di:
a) pubblicare una dichiarazione sul rispetto dei diritti umani; b) eseguire regolarmente un’analisi dei rischi (che include anche le catene di fornitura); c) implementare le necessarie misure preventive e di mitigazione dei rischi; d) documentare i processi posti in essere.
I subappaltatori in altri paesi dovranno rispettare gli stessi standard.
Di particolare importanza l’esplicita applicazione dell’obbligo di vigilanza lungo le catene di approvvigionamento. L’obbligo in effetti dovrebbe riguardare l’intera filiera dalla materia prima al prodotto finale e dovrebbe includere anche i servizi. L’ambito di applicazione dell’obbligo di due diligence è stato uno dei principali elementi di discussione all’interno del governo tedesco, con due posizioni prevalenti: da un lato i fautori di un sistema di due diligence limitato solo al primo livello della catena (c.d. first tier); dall’altro lato invece coloro che, temendo un facile aggiramento delle responsabilità da parte delle imprese attraverso la riprogettazione delle loro relazioni contrattuali con i subfornitori, hanno sostenuto la necessità dell’allargamento dell’obbligo di vigilanza ai livelli ulteriori della catena. La soluzione conclusiva rappresenta un compromesso tra queste istanze. Ciascuna impresa dovrà: 1) includere sempre nei suoi processi di due diligence sui diritti umani tutte le sue operazioni economiche e quelle dei suoi fornitori diretti, cioè quei fornitori con cui essa ha relazioni contrattuali formali; 2) esercitare la due diligence sul resto della catena di fornitura quando ciò sia richiesto dalle “circostanze del caso concreto”. Occorrerà attendere la formulazione finale della bozza di legge per capire in dettaglio come funzionerà questo secondo meccanismo. Sulla base delle notizie giunte finora, sembra che i requisiti sostanziali di questa seconda fattispecie che solleciteranno il dovere vigilanza saranno: (a) l’esistenza di reclami provenienti dalle vittime di violazioni dei diritti umani, e (b) l’esistenza di peculiari situazioni di rischio per l’attività dell’impresa, come l’impiego di particolari materie prime o l’approvvigionamento da fornitori situati in specifiche regioni geografiche.
Ai sensi della normativa tedesca le imprese dovranno depositare le proprie analisi dei rischi presso un apposito ufficio dell’Agenzia federale tedesca per il controllo delle esportazioni. L’Agenzia potrà richiedere l’accesso alla documentazione rilevante e avrà il diritto di accedere ai locali delle imprese, raccogliere prove ed emettere multe, in caso di mancata ottemperanza, per un importo fino al 10% del fatturato annuale dell’impresa. Il Governo potrà reinvestire gli importi delle multe per attività connesse al processo di responsabilizzazione delle imprese sui diritti umani (finanziare ad es. un fondo di indennizzo per le vittime). A differenza del modello francese, la legge non dovrebbe prevedere la possibilità per le vittime di agire in giudizio direttamente ai fini del risarcimento del danno in caso di violazioni dell’obbligo di vigilanza che abbiano loro generato dei danni. Sarà prevista, invece, l’esclusione dagli appalti pubblici per un massimo di tre anni delle imprese non ottemperanti.
Quando sarà adottata, la legislazione tedesca rappresenterà, insomma, un ulteriore tassello nel processo di responsabilizzazione delle imprese europee in materia di diritti umani. Essa in effetti va ad aggiungersi al processo, avviato anche nell’Unione europea, su di una legislazione europea sull’obbligo di due diligence in materia di diritti umani, e rappresenterà un modello cui guardare per l’elaborazione di legislazioni analoghe in altri paesi UE, inclusa l’Italia.