Conversazione con Stefano Consiglio e Marco D’Isanto, circa il loro ultimo libro pubblicato “La cultura che cambia” (Napoli, Editoriale Scientifica, 2021)
Stefano Consiglio è professore ordinario di Organizzazione aziendale (Dipartimento di Scienze Sociali), Presidente della Scuola delle Scienze Umane e Sociali, coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Innovazione Sociale e docente nel corso magistrale in Management del Patrimonio Culturale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. È componente del Consiglio di amministrazione del Parco Archeologico di Pompei. I suoi interessi di ricerca sono focalizzati sui temi della gestione del patrimonio culturale e dell’innovazione sociale applicati alla nascita di imprese culturali.
Marco D’Isanto è dottore commercialista in Napoli, consulente di enti del terzo settore, di imprese e istituzioni culturali. È docente di master universitari, editorialista del Corriere del Mezzogiorno. È autore di numerose pubblicazioni sugli aspetti giuridici e tributari degli enti non profit e delle imprese culturali. Nell’ambito dell’attività professionale ha condotto attività di ricerca e di assistenza alle istituzioni culturali in relazione alla pianificazione strategica, ai modelli di gestione e ai rapporti tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati.
D. Iniziamo dal titolo. Perché La cultura che cambia?
R. Perché abbiamo voluto descrivere la cultura sia come motore di cambiamento, in grado di rigenerare gli ambienti sociali e svolgere un ruolo per attivare processi economici in grado di impattare positivamente sulla vita delle comunità (la cultura che cambia il contesto) sia il mutamento che essa stesse subisce al mutare e all’evolversi del contesto sociale (la cultura che cambia sé stessa).
D. Il libro è una raccolta di articoli che avete pubblicato su diversi temi della cultura. Da dove nasce l’esigenza di ripubblicare il vostro lavoro?
R. Il motivo principale che ci ha indotto a ripubblicare diversi contributi, come abbiamo scritto nella prefazione, è quello di dare forma al nostro lavoro comune di questi ultimi anni.
Speriamo anche che possa essere l’occasione per rilanciare nel dibattito pubblico alcuni temi per noi molto importanti: la necessità di esaltare l’enorme bacino di intelligenza e di ricchezza contenuto nella produzione culturale e la necessità di connettere questa risorsa con il processo economico, a partire dal riconoscimento del ruolo che le comunità e i soggetti privati in campo culturale svolgono e potranno svolgere nei prossimi anni.
D. È nelle tenebre che inaspettatamente si rivela la luce, come scrivete in un vostro articolo?
R. In quell’articolo ci riferivamo ad una bella storia di Napoli il progetto nato nel cuore della Sanità intorno alla figura di, Padre Antonio Loffredo, che ha promosso insieme ai ragazzi del quartiere un progetto di valorizzazione del patrimonio artistico del Rione Sanità: il recupero delle Catacombe di San Gennaro.
Oggi, grazie a quell’iniziativa uno dei quartieri più difficili del centro storico di Napoli prova a risorgere. La luce è il processo di rivitalizzazione urbana che la cultura è in grado di promuovere.
D. Siete stati accompagnati da tre personalità di valore: Enzo d’Errico, Carlo Borgomeo e Giuliano Volpe. Tutti hanno apprezzato il lavoro che avete condotto sui temi della cultura negli ultimi anni.
R. Sono tre figure che ci hanno effettivamente accompagnato in questi anni nel lavoro di elaborazione sui temi della cultura e sul ruolo che nel Mezzogiorno i fenomeni di rigenerazione urbana possono avere. Li ringraziamo molto per la loro generosità.
D. In uno degli articoli pubblicati nel libro scrivete: “se ci fosse un dibattito meridionalista all’altezza dei tempi sarebbe probabilmente costretto a riconoscere in un processo di industrializzazione a base culturale una delle principali leve di crescita economica e civile di questi territori”. Che intendete per industrializzazione a base culturale?
R. Intendiamo una industria fondata sulla conoscenza, sull’applicazione delle nuove tecnologie alla cultura e sulla creazione di processi di innovazione sociale. Ci occupiamo da tempo di imprese culturali e creative e da tempo sosteniamo che possono essere una delle leve principali di sviluppo del Mezzogiorno e dell’intero paese. È necessario accompagnare questo sviluppo e delineare un vero e proprio processo industriale in campo culturale. La filiera del comparto culturale e creativo è frammentata ma contiene una straordinaria capacità di crescita.
D. Sul Corriere del Mezzogiorno avete lanciato l’idea di istituire una Zona Franca della cultura a Napoli. Nel Libro ci sono diversi articoli dedicati al tema.
R. Questa è una pazza idea che grazie ad un Direttore visionario come Enzo d’Errico il Corriere ha fatto propria. Riteniamo che istituire una zona franca della cultura in una delle più importanti capitali del mediterraneo avrebbe l’effetto di concentrare le risorse in un’area economicamente depressa ma ricca di un patrimonio artistico e di attività creative uniche al mondo.
La defiscalizzazione del comparto culturale, in aree urbane specifiche, unitamente alla creazione di strumenti giuridici per sviluppare nuove forme di imprenditorialità nel settore culturale potrebbe essere una potente leva di sviluppo dei nostri territori e delle città italiane.
D. Nel libro descrivete il Partenariato Pubblico Privato del Parco Archeologico dei Campi Flegrei. Come nasce questa idea?
R. Anche qui dobbiamo ringraziare la visione dei Direttori del parco Archeologico dei Campi Flegrei, prima Paolo Giulierini e poi Fabio Pagano, che hanno deciso di costruire una sfida nell’ambito della valorizzazione dei beni culturali. La sperimentazione avviata dal Parco Archeologico dei Campi Flegrei mira a raccogliere questa sfida attraverso un modello partecipativo, aperto alle comunità e utilizzando uno strumento giuridico innovativo: il partenariato pubblico privato in campo culturale. Con questo strumento è stato possibile selezionare due partner privati che in collaborazione con il Parco consentiranno di aprire due gioielli del patrimonio culturale flegreo: Piscina Mirabilis e Tempio di Serapide prima chiusi alla fruizione pubblica.
D. Le imprese culturali e creative sono ancora nel limbo come scrivete in uno dei vostri articoli. Quando potranno essere disciplinate?
R. Ci auguriamo che questo avvenga presto. Noi continueremo a porre, dovunque sia possibile, la necessità di articolare a livello normativo un dispositivo utile per costruire politiche pubbliche a favore di questo comparto.
Libro “La Cultura che cambia” edito da Editoriale Scientifica è scaricabile gratuitamente online a questo link:
https://www.editorialescientifica.com/shop/catalogo/collane-di-economia/punto-org/la-cultura-che-cambia-2527-detail.html
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